Esistono tante persone che dubitano di avere talento o che timidamente si chiedono se ne possiedono uno. E questo perché la domanda è mal posta. Non esiste persona al mondo che non abbia uno o più talenti: chi non lo vede è perché si focalizza su ciò che gli è stato detto, senza averci mai pensato veramente.
Quest’affermazione ti mette a disagio?
Spesso si parte da un pregiudizio interpretativo, un problema che definirei di “glossario”. Quando parliamo di dono o talento associamo subito l’immagine ad una qualche capacità artistica: suonare, ballare, dipingere. Oppure pensiamo a qualche abilità matematica, ingegneristica o letteraria: tutte le categorie dei premi Nobel.
Pensare di cercare il proprio talento in una rosa ristretta di abilità ritenute rare o comunque lontane dalla quotidianità mette decisamente pressione quindi – prova innanzitutto a sostituire la parola “talento” con “abilità” o “punto di forza”.
Già ti senti più disteso, vero?
Ma anche così la maggioranza delle persone spesso non è in grado di fare un elenco oggettivo delle proprie capacità. Ok, quindi com’è possibile scoprire il proprio talento?
Cos’è che ti viene naturale e che quando fai ti rende forte, felice e ti fa sentire euforico ed entusiasta? O che – siccome è un’attività che pratichi con costanza – sei in grado di dire in modo oggettivo se oggi ti è venuta meglio o peggio del solito?
La maggior parte delle persone trascura i propri punti di forza perché tutti danno per scontato le attività che riescono a fare in modo naturale o che – se richiedono sforzo fisico o mentale – danno soddisfazione o divertimento.
Ad esempio: impari velocemente? Oppure hai un forte senso di empatia, o sei molto competitivo, o sai negoziare bene? Sei una persona che ama l’ordine o viceversa sa dare peso ad altro e vive benissimo con davanti una scrivania disordinata e, nonostante tutto, ritrova sempre quello che gli serve, quando gli serve?
Il primo punto su cui focalizzare la propria attenzione è l’unicità. Tutto ciò che rappresenta in qualche misura una vocazione o un’abilità – anche se il mondo esterno può averla criticata perché non rispettava il criterio di omologazione – in certe situazioni è utile o speciale. È molto importante però non cadere nella trappola del paragone: una volta individuata la propria capacità, confrontarla con quella apparentemente simile di un’altra persona, è il modo migliore per darsi subito la zappa sui piedi.
Se si tratta di una passione recente, o di qualcosa cui dedichi del tempo residuale, un altro tranello è l’istinto a misurarla come se si trattasse di qualcosa praticato a livello professionistico. Se hai appena iniziato a studiare inglese, non puoi pretendere di essere in grado di comprendere e tradurre tutte le opere di Shakespeare in 5 giorni. Se ami la bici da corsa, ma in settimana ti alleni in palestra e solo nel weekend riesci a prenderti una mattina per un’uscita in collina, non puoi paragonare le tue performance a quelle di Marco Pantani o Lance Armstrong.
Infine: non serve cercare il lavoro perfetto o l’attività perfetta da avviare per esprimere i tuoi punti di forza. Le tue abilità fanno parte di te e tu, come tutti, sei in continua evoluzione quindi anche le tue abilità cresceranno con te, in modo del tutto naturale, se le nutri, le coltivi e dedichi loro la giusta attenzione.
C’è una netta differenza tra una professione – cioè quello che una persona è disposta a fare e per cui ritiene giusto farsi remunerare – e la predisposizione per qualcosa.
Qual è l’attività che – se potessi – svolgeresti per ore, gratuitamente, se solo avessi il tempo per farlo e se non ti servisse lavorare per arrivare a fine mese?
Lì probabilmente risiede il germoglio della tua vocazione. Probabilmente se ripensi a come trascorrevi le giornate da adolescente, c’è qualche pensiero che ti fa sorridere, c’era qualche attività in cui ti rifugiavi appena possibile. E potrebbe essere qualcosa di molto diverso da quello di cui poi nella vita hai deciso di occuparti. O forse no, dopotutto.
Dopo averlo individuato, il passo successivo è quello di accettare il proprio talento: e anche questo, non è così scontato per la maggioranza delle persone. I più tendono a sminuirne il valore, l’utilità pratica, o – grande classico – temono il giudizio del mondo esterno.
Ho conosciuto una cantante di una rock-band – che mascherava la sua passione per l’opera e il canto lirico, timorosa che questo potesse rovinare la sua carriera. Anziché valorizzare e andar fiera della sua ecletticità, preferiva mascherare una parte della sua indole e vestire i panni che la sua situazione professionale e il contesto quotidiano si aspettavano da lei.
Accettare e valorizzare le proprie attitudini significa innanzitutto dimostrare gratitudine per chi si è, significa guardare diversamente agli sforzi fatti e alle situazioni che ci hanno indotto a maturare quel talento.
Se oggi sei una persona che ha delle ottime doti analitiche, sicuramente nella vita ti sei trovato ad affrontare situazioni in cui fattori esterni ti hanno stimolato a far leva sulle tue capacità. Seccature che ti hanno costretto ad analizzare in dettaglio i problemi, circostanze in cui qualcuno si è affidato a te perché eri l’unico che poteva capirci qualcosa. Se sei un caciarone, e tipicamente le persone tendono a non prenderti sul serio, pensa a tutte le volte in cui la tua leggerezza ha aiutato a sdrammatizzare qualche situazione o alle risate che chi ti frequenta si è fatto grazie a te.
Smitizzando il concetto di talento per “dono divino” e riconoscendo che le tue abilità particolari si sono forgiate gradualmente e grazie alle circostanze che hai vissuto, ti porterà a riguardare al tuo percorso, e a chi lo ha caratterizzato (genitori, professori, capi, amici, situazioni critiche di necessità) non più con rabbia ma con gratitudine.
Attento a quello che dici, alle parole che scegli per costruirti, per supportarti, per descrivere i tuoi punti di forza; se tu per primo non dai valore e importanza alle tue abilità, difficilmente riuscirai a farle apprezzare dagli altri, spontaneamente.
Valorizzare il proprio talento non significa necessariamente monetizzarlo, anche se oggi, grazie alla possibilità di autopromuoversi online il confine, si è reso decisamente più labile. Nascondere o limitare le proprie capacità è proprio uno spreco. Probabilmente la frustrazione derivante dal non sentirsi liberi e consapevoli si tradurrà in polemiche sterili, lamentele e vittimismo.
Quindi riepilogando:
- Riconosci a te stesso che sì, hai del talento. Inizia chiamandolo punto di forza o capacità.
- Continua ad usare questa tua abilità, o a praticare l’attività che lo mette in luce, quanto più possibile: perché il mondo ne ha davvero bisogno.
- Trattala come una vocazione: non condividerla con gli altri è uno spreco.
E’ infatti molto importante scegliere come condividere con gli altri il tuo talento. Spetta assolutamente a te e – buona notizia – non è mai troppo tardi.
Claudio Rossi