Google Trends, Google Tag Manager, e poi ancora il pixel di Facebook e Google Analytics o Google Ads.
Per chi inizia a fare impresa online, e magari si è sempre occupato d’altro nella vita, è difficile immaginare a cosa servono e che differenze ci sono tra i vari strumenti e forse è ancora più complicato capire come e quando vanno utilizzati.
Stufo di saltare da un tutorial all’altro?
Ecco una breve guida per districarti tra il groviglio di tool che i grandi network ti mettono a disposizione.
Google Trends
Partiamo con ordine. Hai un’idea e hai deciso di ascoltare i consigli di chi ti dice: individua la tua nicchia di riferimento e valida se esiste un mercato, prima di lanciarti nell’impresa vera e propria.
Ecco dove Google Trends ti viene in soccorso.
Si tratta di uno strumento totalmente gratuito che ti consente di conoscere le parole e le notizie più ricercate.
Infatti, digitando sulla barra di ricerca le parole chiave legate al tuo concept di prodotto, puoi scoprire quali ricerche si fanno (in tutto il mondo!) e, selezionare vari filtri per analizzare le tendenze nel settore o nell’area geografica che più ti interessa. Ad esempio, puoi cercare una determinata parola chiave su un paese specifico.
Perché è utile questo strumento?
Perché permette di verificare quali sono le tendenze delle ricerche: infatti viene mostrato un grafico con alcune statistiche. Se il grafico presenta un unico picco, ad esempio, c’è da stare attenti: significa che quella ricerca ha avuto un unico grande momento di gloria. Se il grafico è discendente, significa che in passato c’è stato interesse, ma ora siamo nella fase di declino, quindi ci si deve chiedere il perché.
Se il grafico è ascendente significa che il picco deve ancora arrivare, quindi l’argomento potrebbe essere interessante da seguire e approfondire.
Se digiti ad esempio “ristoranti Roma” noterai fin da subito le differenze con il motore di ricerca.
Sul tradizionale motore Google ti apparirà una mappa e un elenco di ristoranti, organizzati in funzione del loro posizionamento organico (cioè della qualità dei contenuti presenti sulle loro pagine web), delle recensioni, o dell’attività di sponsorizzazione (cioè di pubblicità).
Su Trends, ti apparirà un grafico che descrive il livello di interesse nel tempo, modificabile in base ai filtri su dove e quando sono state effettuate le ricerche (Italia, ultimi 12 mesi, in tutte le categorie, eccetera…), con sotto una mappa che evidenzia la concentrazione geografica delle ricerche, gli argomenti correlati e le combinazioni di parole chiave (Google le chiama query) più utilizzate.
Trends ti è utile per capire cosa viene cercato da chi e in che periodo. Il motore invece ti fornisce i risultati della ricerca nel momento in cui la effettui (è probabile che l’algoritmo cambierà i risultati quando la ripeti).
Google Tag Manager
Prima cosa: che cos’è un Tag?
Capita che tu riceva delle notifiche in cui vieni avvertito che “il tuo amico Pino ti ha taggato su questa foto”.
Normalmente per tag si intende una parola chiave che viene utilizzata per riconoscere immagini, pagine web, dati o codici di varia natura. Infatti, i tag si possono associare a qualsiasi tipo di informazione online, agevolando così la connessione tra varie pagine.
Ma il tag non va confuso con l’hashtag (tipo #metodoassi).
Nel gergo di chi fa business online, infatti, il tag è uno snippet di codice (sono cioè vere e proprie righe di linguaggio di programmazione); si tratta quindi di un blocco di programmazione che normalmente viene inserito all’interno del codice della pagina web per monitorare alcune azioni svolte sulla pagina: ad esempio accessi, visualizzazioni o altri parametri di interesse per l’analisi di performance di una pagina o di un sito.
Proprio per agevolare sviluppatori e “marketers” Google ha creato questa soluzione ponte, che aiuta le persone che non hanno dimestichezza con la programmazione, ad inserire sulla propria pagina web, o landing, altri codici di monitoraggio.
Cosa succede dopo aver installato Google Tag Manager (GTM)?
Di fatto, di per sé GTM non restituisce informazioni specifiche, ma è più che altro una sorta di predisposizione del tuo sito ad accogliere gli strumenti di monitoraggio vero e proprio, come ad esempio…
Google Analytics
Analytics è un servizio gratuito che – sempre Google – mette a disposizione di chiunque abbia un sito web per monitorare il comportamento degli utenti. Si tratta di una sorta di cruscotto con statistiche, grafici e tabelle che permettono di monitorare l’andamento di vari parametri, come ad esempio gli accessi in un dato periodo di tempo.
Google Analytics permette ad esempio di tracciare i dati relativi alle visite (sessioni) o agli utenti che visitano la pagina, oltre che il loro comportamento, come ad esempio il tempo di permanenza o di abbandono (NB – non ti dice il nome dell’utente che ha fatto quell’azione, ma ti dice che “tot” utenti si sono mediamente comportati in un certo modo). Queste sono le informazioni sul cosiddetto “Pubblico”.
Analytics traccia poi i dati sulle acquisizioni, cioè come gli utenti sono arrivati al sito (ad esempio se in modo organico o da una campagna pubblicitaria in corso) e, il loro comportamento, anche qui in funzione di filtri e statistiche varie.
Questo strumento serve quindi ad analizzare il cosiddetto “traffico”.
Pixel di Facebook
Attenzione – qui c’è una piccola trappola – il pixel non funziona sulle pagine Facebook, ma è un altro tag che si può inserire sul proprio sito per misurare l’efficacia della pubblicità effettuata tramite Facebook.
Il pixel attiva dei cookies che monitorano le iterazioni degli utenti con le campagne effettuate con Facebook Ads. Cioè un utente (che stava su Facebook) vede una pubblicità e ci clicca sopra, così facendo viene condotto sul tuo sito e inizia a navigare, leggere, scorrere tra le pagine del blog o scrollare fino in fondo alla tua landing page. Il pixel di Facebook permette di capire esattamente cos’ha fatto (sempre in modo statistico e non nominativo), in modo da capire meglio qual è il comportamento tipico ed eventualmente modificare la landing page per ottimizzare ulteriormente le campagne (e convertire più visitatori in clienti veri e propri).
Il pixel ti permette anche di riproporre messaggi specifici ad alcuni utenti che hanno compiuto una determinata azione e rinforzare il tuo messaggio.
Dulcis in fundo, parliamo di Google ADS e Facebook ADS.
Entrambi sono strumenti per fare pubblicità, cioè per inserire le cosiddette campagne di advertising (o ADV). Attenzione: entrambi richiedono un “media spending”, cioè un budget da spendere in web advertising.
Se sei un neofita, è probabile che tu preferisca affidarti a qualcuno che conosce questi strumenti e, che è in grado di immaginare la cosiddetta “creatività” ed inserire le campagne ottimizzando i vari parametri. Chiunque ti offra questo servizio, ti quoterà un prezzo (fisso o a performance, cioè in funzione dei risultati) ma in aggiunta a quello dovrai sempre chiarire in modo esplicito qual è il budget di spesa giornaliero e mensile, perché si tratta sempre di un costo aggiuntivo.
Puoi immaginare che se esistono specialisti che lavorano da anni su un singolo di questi strumenti, così come tutorial e videocorsi di ore sull’argomento, non è materia che si può riassumere in poche righe.
Il consiglio principale che ti dò è – prima di spendere delle fortune in campagne, fai qualche piccolo test e prova ad agire, anche in autonomia, dedicando del tempo a capire le logiche e i meccanismi dietro a questi strumenti. Solo così sarai in grado di capire fino in fondo il linguaggio dell’online e giocare in prima squadra, la partita delle opportunità che il digitale ti offre!
Claudio Rossi – Imprenditore e Business Coach