Hai mai pensato di porti come il Cannavacciuolo del mercato di riferimento in cui operi?
Noi italiani siamo dei leader nella ristorazione – io sono un appassionato di buona cucina e sperimento volentieri. Ma in questi giorni mi è capitato di riflettere sulle strategie di personal branding degli chef più noti e presenti sui media.
Il personal branding è un processo di costruzione graduale di una reputazione, e ciò vale tanto nel mondo reale quanto sui canali digitali.
Il mondo del “food” si è particolarmente prestato a questa strategia, infatti da anni proliferano programmi televisivi come MasterChef, Hell’s Kitchen, Quattro Ristoranti eccetera. Piace il format, piace il fatto che si parli di posti “reali” dove un esploratore di gusti possa recarsi, o di ricette che si possono riproporre nelle cene con gli amici per dare sfoggio delle proprie abilità.
Oltre alla TV, anche i social si sono riempiti di food blogger ricercatissimi, con centinaia di migliaia di follower. Analizzando più in dettaglio, si troveranno linguaggi diversi a seconda che i messaggi siano indirizzati ad un pubblico giovane e single, a studenti che si vogliono divertire mentre cucinano, a soggetti con specifiche esigenze dietetiche, o a nonne più “digital” che vogliono proporre qualcosa di nuovo ai nipoti.
E anche questo non è un caso. Cannavacciuolo o Cracco non propongono “ricette”, non ti fanno scoprire “ristoranti”. Loro evocano una food experience. E non sono poche le persone disposte ad accantonare un fondo spese per vivere l’esperienza di una cena da Joe Bastianic o Carlo Cracco.
Gli appassionati si identificano con il personaggio che più rappresenta i loro valori e il loro modo di vivere l’esperienza del cibo. Chef Rubio di Camionisti in Trattoria o Alessandro Borghese di Quattro Ristoranti? O ancora Katia Follesa di Cake Star o Benedetta Rossi di Fatto in Casa?
Ogni nicchia ha le sue preferenze e il suo linguaggio. E ciò che fa risuonare le corde di un gruppo di persone non sarà mai in grado di attivare con la stessa intensità quelle che provano soddisfazione da esperienze diverse.
Il food blogging ha permesso a tanti amanti della cucina di diventare delle vere e proprie celebrity, trasformando quella che era una semplice passione per il cibo in una professione redditizia.
Se riduciamo lo zoom e guardiamo da una prospettiva più ampia vediamo che, di fatto, il personal branding è un fenomeno che sta assumendo rilevanza in qualsiasi settore e per qualsiasi tipologia di business e target di clientela. Oggi non conta solo cosa e perché vendi, ma anche l’impressione che dai. È importante che il tuo cliente ti percepisca autorevole nel campo in cui hai deciso di proporti. Ed è ancora più importante che tu stesso abbia chiaro che posto vuoi che il tuo prodotto o il tuo servizio occupino nella mente delle persone, perché questo va di pari passo con il personal branding dell’imprenditore che ci sta dietro.
Oggi siamo quello che raccontiamo.
Come dice Philip Kotler, acclamato esperto di marketing: “se non sei un brand, sei una merce”. Se non ti rendi riconoscibile, l’unico elemento che ti distinguerà dalla concorrenza potrà essere il prezzo più basso. “Alla gente non piace farsi vendere qualcosa, ma adora comprare” (J. Gitomer). E i soldi seguono in modo più rapido la celebrità.
Se la tua nicchia di riferimento ti percepisce come una persona famosa, sarà molto più probabile che tu possa attrarre clienti seriamente interessati a ciò che hai da offrire, e disposti quindi anche a pagare un prezzo più alto, pur di aver l’onore e il privilegio di lavorare con te. Non a caso anche il concetto di riprova sociale è una delle regole vincenti della persuasione che Cialdini ha citato nel suo libro (se ti interessa, ho creato una serie di articoli proprio su questo).
La gente che entra nel ristorante di Cannavacciuolo non lo fa perché ha fame e cerca un posto dove mangiare. I più ricercati forse “si accontentano” delle due stelle Michelin, ma non escludo che altri si accertino della sua presenza fisica, così da poter postare una foto in sua compagnia e godere dell’idea di aver stretto la mano ad una celebrity. E per farlo siano disposti a pagarne il prezzo (in senso letterale)!
Ma qual è la chiave di un personal branding di successo?
Io vedo principalmente tre regole d’oro:
- SPECIALIZZAZIONE
Oggi la vera sfida è riuscire ad attirare l’attenzione su ciò che di qualità si ha da proporre. Per farlo devi stimolare empatia in chi si trova ad interagire con te i tuoi contenuti online.
Chi si può identificare con te e il tuo messaggio? Solo un gruppo specifico di persone che hanno un bisogno chiaro e apprezzano il modo che tu hai di soddisfarlo.
È importante comunicare quindi in modo chiaro e diretto quali sono le tue competenze specifiche e diventare autorevoli nel proprio campo. Immagina di sottoporre tra tre anni un sondaggio a tutti i tuoi clienti (o collaboratori, o dipendenti…) e che ciascuno possa descrivere i tuoi servizi con al massimo tre parole, quali vorresti spiccassero di più? Falla diventare il tuo marchio di fabbrica e cerca di capire come fare fin d’ora a fare in modo che le persone ti identifichino con quella parola.
Ovviamente devi definire in modo chiaro chi sono “gli altri” se ti interessa la loro opinione. Sparare nel mucchio non porta risultati concreti in tempi brevi: è ciò che fanno i mega-brand con gli spot pubblicitari da budget milionari. Se ti rivolgerai ad un pubblico specifico con caratteristiche ben identificate, avendo così identificato la giusta audience, probabilmente otterrai il risultato che desideri.
- AUTENTICITÀ
“Parla come mangi” (volendo rimanere in tema food…).
Non scimmiottare la concorrenza ma cerca di distinguerti parlando a modo tuo, citando tue esperienze dirette e rimanendo fedele a te stesso. Anche qui: con quali parole vorresti venissero descritte le tue caratteristiche personali, il tuo approccio al lavoro, le tue competenze distintive? Raccontalo in maniera originale, con un solo obiettivo: farti ricordare.
Affinché questo processo sia efficace, è importante che contenga in sé un messaggio semplice e immediato. Più la tua identità sarà confusa, più il posizionamento sarà debole. Ricorda che il tuo brand è la promessa di valore che fai alle persone e devi quindi essere disposto a mantenerla ad ogni costo, in modo reiterato e continuativo. Non esiste reputazione migliore di quella alimentata dal passaparola spontaneo.
- COERENZA E PERSISTENZA
L’autorevolezza non si può imporre, è figlia di un percorso incessante di costruzione di credibilità, risultati misurabili e conseguente reputazione. Quindi come spesso dico, serve la pazienza del pescatore per raccogliere i frutti dei propri sforzi in un’ottica di medio periodo. È quindi fondamentale non lasciarsi deviare da mode o trend del momento, e mantenersi fedeli ai valori che ci contraddistinguono, effettuando soltanto scelte coerenti con il posizionamento cui ambisci per il tuo brand. E devi farlo per un periodo di tempo abbastanza lungo da poter trarre delle conclusioni oggettive, guardando ai risultati che hai ottenuto. La strategia di personal branding, in questo senso, assume anche un ruolo di filtro: comprendere chiaramente ed essere in grado di esprimere chi sei, cosa fai, come lavori e cosa desideri ti aiuta infatti a discernere tra ciò che vuoi e ciò che non vuoi nella vita di tutti i giorni. Ti permette di focalizzare le tue energie su ciò che è veramente importante per te.
In sostanza l’essenza del personal branding è aiutare gli altri a comprendere qual è il tuo marchio di fabbrica e far dire alle giuste persone “lui è l’uomo giusto per me”!
Sei convinto? Inizia subito!
- Fai una lista di 3 abilità che hai sviluppato e che ti rendono bravo a fare quel che sai fare
- Fai una lista di 3 aspetti che ti distinguono dai competitor
- Prova a chiedere a qualcun altro di descriverti in 3 parole
Ne scoprirai delle belle…
Claudio Rossi