A fare la differenza non è l’idea, ma il coraggio di crederci e di portarla avanti.
Questo ho pensato di fronte ad una recente notizia, piuttosto curiosa. E ti dirò: provando ad approfondire mi si è aperto un mondo quasi difficile da credere!
Qualche mese fa, ha fatto scalpore la notizia della vendita di un’opera d’arte a 15.000€.
Beh, dirai, la cifra non mi sembra così elevata da giustificare tanto scalpore, no? Quindi perché si è acceso il dibattito?
Perché si trattava di arte invisibile.
No, non sto parlando di installazioni digitali, né di NFT. E non sto parlando di qualcosa di esperienziale, che non si vede ma coinvolge altri sensi.
Ho proprio detto: arte invisibile.
L’opera in questione si intitola “Io sono” e si tratta di una “scultura immateriale, di circa 150 x 150 centimetri, che va collocata in uno spazio libero da ogni ingombro, preferibilmente all’interno di un’abitazione privata”.
Non è una fake news. Per curiosità ho cercato sul sito della casa d’aste ART-RITE che ha battuto l’opera il 18 maggio 2021. È possibile fare un virtual tour e vedere le opere che erano in vendita il giorno in questione, e c’è esplicitamente lo spazio vuoto dedicato ad ospitare “Io sono”.
Così come la scheda dettaglio del “lotto 71” che certifica i dati principali dell’opera e dell’esito dell’asta (in calce a questo articolo ti ho inserito il link per andarlo a vedere tu stesso).
Non sono un esperto d’arte e men che meno di arte contemporanea quindi non sto citando questa notizia per dare una mia opinione sul valore in sé ma – sono rimasto affascinato – tanto da approfondire.
E ho scoperto che l’autore, Salvatore Garau, già aveva “installato” un’altra sua opera invisibile, intitolata “Buddha in contemplazione”: un perimetro tracciato in Piazza della Scala a Milano (puoi trovarlo su Instagram, ma anche di questo ti ho inserito il link).
Il concetto secondo l’artista è che uno spazio vuoto è uno spazio pieno di energia.
Se lo dice uno scienziato che ti parla di fisica quantistica lo prendi come un dato di fatto, di cui ti curi fino ad un certo punto. Che un artista l’abbia immaginato e concettualizzato a modo suo, e sia addirittura riuscito a monetizzarlo, fa molto più scalpore.
Perché?
È facile immaginare il primo commento di tutti – “beh questo sarei in grado di farlo anch’io” oppure “hai voglia quante opere d’arte ci sono a casa mia” o in terrazzo, o sul giardino…
Ok, facciamoci la risata, ma poi: ci avevi mai pensato in questi termini?
E soprattutto saresti stato in grado di metterci la faccia e promuoverlo – in più di un contesto – per vedere questa idea riconosciuta e valorizzata? Nel giusto contesto si intende, non tra le chiacchiere da bar.
Garau è riuscito a far passare il suo concetto come opera d’arte da una casa d’aste, e l’acquirente ha un certificato di garanzia che testimonia l’esistenza dell’opera. Opera facilmente replicabile forse – ma nessuno oltre a chi ha acquistato “quel” certificato, può vantarsi di avere “l’originale”.
Il caso di Garau non è l’unico. A New York il collettivo di artisti Praxis, costituito da Brainard and Delia Carey – marito e moglie, che già aveva svolto altre performance o installazioni in musei o gallerie, nel 2011 ha fondato il MONA – Museum Of Non-visible Art, pensato proprio per ospitare e spiegare l’arte concettuale.
Da quanto si legge sul sito, il museo mostrerà opere d’arte basate su testo ed è progettato per essere visto con l’occhio della mente. In sostanza, l’opera d’arte stessa è ciò che lo spettatore vede nella sua mente, ma lo spunto per ciò che sta immaginando è scritto su un biglietto, montato sul muro come nelle tradizionali didascalie che descrivono le opere nei musei. Gli esempi riportati sul sito – Red Square e Tree of Life – sono piuttosto evocativi (li trovi sotto). Nel 2012, il MONA ha lanciato anche una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Kickstarter, raccogliendo poco più di 16.000 $ e beneficiando della collaborazione con l’attore James Franco!
Non ho idea se la cosa sia evoluta in alcun modo: parliamo di un’idea nata nel 2011 e ho il dubbio che possa essersi conclusa con la “fallita validazione” derivante dalla misera raccolta in crowdfunding. Ho letto di altri episodi di parodie o fake news che hanno parlato di opere invisibili vendute a milioni di dollari.
Ma dove voglio arrivare con questo excursus?
A un concetto in sé piuttosto semplice. Se hai un’idea in cui credi, per folle che sia, hai il diritto di provare a darle forma o, prima o poi, potrebbe diventare un rimpianto.
Il sito web del MONA, assieme alla campagna crowdfunding, esprime un concetto che è quello di validazione, cioè: parti in piccolo, descrivi la tua idea e verifica se esiste un mercato.
Le opere di Garau ci insegnano che il mondo di oggi è aperto a qualsiasi cosa, purché tu la sappia immaginare, comunicare e presentare alla giusta buyer persona, cioè al giusto cliente potenziale.
Guardando alla presenza social di Garau – piuttosto limitata – mi sento addirittura di dire che, se anziché lui, ad avere quest’idea fosse stato qualche altro artista più noto, non escludo che l’assegno battuto all’asta avrebbe avuto minimo uno zero in più!
Il limite che spesso ci poniamo deriva dall’avere “solo” l’idea e non sapere da dove partire per metterla in pratica.
Se anche tu hai un’idea e ti piacerebbe darle forma, continua a seguimi e ti racconterò quali sono secondo me i passaggi fondamentali da mettere in atto.
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Claudio Rossi – Imprenditore Digitale e Business Coach
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